Il Premio Meroni indica una tendenza
L’ultima edizione del Premio Meroni si è conclusa venerdi 10 novembre a Milano con la proclamazione dei vincitori nella Sala Alessi di Palazzo Marino.
Quattro le categorie dei premi assegnati, ovviamente legate al mondo della montagna: Alpinismo, Solidarietà, Ambiente e Cultura.
Al di là delle valutazioni sulle candidature e sull’assegnazione dei premi per ogni sezione, ha senso soffermarsi un attimo proprio sulle candidature, non in termini di qualità, bensì di quantità. Perché proprio la quantità maggiore di candidature si è avuta nella sezione della Solidarietà. Il numero minore in quella dell’Alpinismo.
La crescita delle proposte che rientrano nell’ambito della solidarietà sono indice di una crescente attenzione del mondo della montagna verso le fasce deboli della popolazione. Sottendono il significativo desiderio di condividere quanto di bello e sano la montagna sa donare in termini di esperienze naturalistiche, di salubrità, di panorami e ambienti naturali, attività sportive e ricreative, senso di libertà e salute interiore.
Medicina per il corpo e per l’animo, il mondo montano è un concentrato di esperienze e di emozioni che per tutti dovrebbe risultare accessibile. Se qualcosa manca ancora è la spinta a coordinare tra loro azioni con analoghi obiettivi. Condividerne la conoscenza è uno dei primi, indispensabili, passi da compiere.
Ma perché sono meno numerose le candidature nel settore alpinistico?
C’è da dire che il Premio Meroni non è nato, dieci anni fa, con lo scopo di dare un riconoscimento agli alpinisti protagonisti delle maggiori imprese dell’anno.
Però è significativo il fatto che l’attenzione generale si stia progressivamente spostando dall’impresa del singolo alla partecipazione dei tanti; dall’alta montagna alla montagna accessibile; dal campione al semplice appassionato.
Dall’individualismo dell’eroe, inteso come riferimento da additare, ma ancora lontano nel suo empireo di avventure estreme, sembra che si stia progressivamente passando all’individualismo di massa.
La facile escursione del singolo, documentata su facebook, si confronta, sullo stesso social, con il 9b del grande arrampicatore e con l’8000 raggiunto dall’alpinista a prezzo di sacrifici e rischi estremi. Si gareggia sulla quantità dei like. Lo stesso avviene su Youtube e su quanto i moderni sistemi di comunicazione mettono a disposizione dell’individuo e del suo desiderio di centralità.
La figura del grande alpinista esce quindi un po’ appannata dall’attuale mondo dei media, non più in grado di concentrare l’attenzione del pubblico su un evento, proprio perché è in atto una estrema dispersione dell’attenzione collettiva.
Il marketing della montagna, così come l’editoria di montagna, cercano di contrastare questo fenomeno, che comporta la contrazione delle vendite dei libri, delle riviste, delle partecipazioni agli eventi.
Abbiamo ancora bisogno di eroi, di riferimenti? Probabilmente sì, anche se gli aspiranti eroi devono essere consapevoli che la loro notorietà durerà sempre meno nel tempo. Offrirà una gloria tanto rapida nell’affermarsi, quanto effimera.
Pubblicato il 14/11/2017